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In data 15.01.2019 con 432 voti contrari e 202 favorevoli, il Parlamento britannico ha rigettato la proposta di accordo promossa dal Primo Ministro Teresa May a seguito delle negoziazioni con l’Unione Europea, dando luogo al temuto “No Deal” ovvero l’assenza di un accordo che regoli l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, generando una tra le più importante crisi politico-relazionali in Gran Bretagna e, conseguentemente, nell’Unione degli ultimi decenni.

A distanza di poche settimane dalla data del 29 marzo 2019, data in cui dovrebbe attuarsi l’uscita formale del Regno Unito dall’Unione secondo le tempistiche previste dall’articolo 50 del Trattato sull’Unione Europea, l’assenza di accordo preoccupa fortemente, determinando uno scenario quanto mai incerto per cittadini ed imprese: diviene infatti sempre più difficile valutare le ripercussioni politiche, economiche e sociali che un eventuale uscita non regolamentata può generare.

Il Premier Britannico ha tempo sino al 21 gennaio per presentare al Parlamento inglese una nuova proposta, un piano di riserva che detti le prossime azioni da intraprendere.

Una delle possibilità è rinnovare i contenuti dell’accordo rigettato sciogliendo gli ultimi nodi che hanno determinato il blocco nel Parlamento Britannico (con particolare riguardo al tema irlandese). In tale ipotesi, una cooperazione con i laburisti potrebbe essere l’unica opzione per ottenere la maggioranza in Parlamento, sebbene dall’altro lato, occorre evidenziare che il Parlamento Europeo si è già espresso anticipando che non intende modificare la linea e le condizioni adottate ed espresse nell’accordo respinto.

Vi è pertanto grande attesa da parte degli analisti che in queste ore cercano di valutare le possibili implicazioni.

Riportiamo qui di seguito i possibili scenari che potrebbero dunque verificarsi.

Apertura di un nuovo negoziato

Se dovesse essere accolta la proposta di riapertura dei negoziati, sarà necessario prorogare il periodo stabilito dall’articolo 50 al fine di procedere con le nuove trattative. Tale eventuale estensione richiederebbe comunque l’approvazione dell’U.E., la quale si è resa disponibile a votare a favore della proroga ma, allo stesso tempo, rimanendo ferma sulle posizioni già espresse (contenute nell’accordo respinto ieri).

Nuovo Referendum

Considerando la forte opposizione all’accordo da parte del Parlamento britannico, il governo potrebbe proporre un secondo referendum il quale dovrebbe essere approvato dalla Camera dei Comuni.

Anche tale ipotesi necessiterebbe di una estensione del periodo previsto dall’articolo 50, che dovrebbe comunque ottenere l’approvazione dell’UE.

In caso di accordo sul punto si dovrà procedere all’organizzazione di un nuovo referendum i cui contenuti da sottoporre al voto restano ancora dibattuti, l’eventuale nuovo referendum potrebbe infatti non proporre l’opzione di uscita dall’Unione Europea, limitandosi solo ai contenuti e alle regole di uscita.

Elezioni generali

Parte del Parlamento britannico insiste per promuovere nuove elezioni al fine di costituire un nuovo esecutivo che potrà condurre i negoziati. Il Primo Ministro potrà quindi chiedere di anticipare le elezioni le quali potranno tenersi a partire da 25 giorni lavorativi.

L’eventuale rinnovo dell’esecutivo potrebbe determinare la necessità di chiedere una proroga del periodo fissato dall’Articolo 50, summenzionato.

No-deal Brexit

Qualora non dovesse essere concessa alcuna estensione rispetto alle tempistiche di cui all’articolo 50, il Regno Unito lascerà l’Unione Europea il 29 marzo 2019 senza un accordo.

In tal caso diverrà un Paese Terzo, extra-UE, che opera in base alle norme dell’Organizzazione mondiale del commercio, con tutte le conseguenti implicazioni economiche e sociali, ed in particolare in materia di immigrazione, trasporti, dogane, trattamento dei dati personali, scambi commerciali.

Stante le profonde divergenze presenti all’interno del Parlamento britannico, ad oggi appare una delle opzioni più plausibili.

Voto di sfiducia

I laburisti avevano anticipato che qualora l’accordo fosse stato respinto avrebbero richiesto il voto di sfiducia per il Primo Ministro inglese, si attendono pertanto sviluppi da questo punto di vista.

In tal caso, qualora effettivamente si dovesse procedere in tal senso, sono possibili diversi scenari: i) la nomina di un nuovo Primo Ministro conservatore nominato dopo le dimissioni di Teresa May, ii) o, in caso di assenza di accordo sul possibile nuovo leader e, di nuova sfiducia all’attuale P.M. si dovrà inevitabilmente procedere con le elezioni generali.

No Brexit

Il Regno Unito potrebbe revocare unilateralmente l’articolo 50 e non lasciare affatto l’UE. Questo, tuttavia, sembra piuttosto improbabile in quanto il governo è ancora impegnato a rispettare il risultato del referendum del 2016 sull’adesione all’UE.

Sarà nostra cura aggiornarvi tempestivamente alla luce dei prossimi imminenti sviluppi.